Editoriale: La storia del preservativo

La storia del preservativo

I primi ad utilizzarlo, ma solo come vestitino decorativo in lino delle loro divine appendici, pare siano stati i Faraoni egizi.

Gli inventori del primo preservativo vero e proprio furono però i soliti Cinesi che solevano impacchettarsi in sottili fogli di carta di seta oleata; i Giapponesi invece, uomini rudi, preferivano cilindri di carapace di tartaruga resi flessibili da soluzioni alcaline.

Romani li fabbricavano con intestini essiccati di pecore; e sia quando frequentavano lupanari, sia quando fraternizzavano con le donne dei territori conquistati, vi avviluppavano attorno dei tamponi bagnati con pozioni d’erbe mediche che avrebbero dovuto difenderli da infezioni varie.

Tra le varie novità che le Caravelle spagnole portarono dalle Americhe appena scoperte, oltre a pomodori, peperoncini e patate vi era anche il batterio di quello che il medico Gabriele Falloppio battezzò “Morbo Gallico” e che i gallici chiamarono “Morbo italico“, gli italici ”Mal francese“, gli inglesi “Mal napoletano“, in un continuo scaricabarile campanilistico. Insomma: la sifilide.

Dato che il contagio era facilissimo, su consiglio dello stesso medico tutti gli eserciti europei vennero vivamente invitati a far uso di una fodera di lino, lavabile e riutilizzabile, impregnata di una soluzione salina.

Nel ‘600 il profilattico si iniziò a chiamarli “condom”, forse dal nome di un medico del re Carlo II che, per evitargli figli illegittimi, gliene aveva prescritto l’uso, o forse dal latino “condo” (nascondere).

In quel periodo erano – oltre che riutilizzabili e  lavabili – fatti di budelli d’intestini d’agnello o capra e tenuti fermi da vezzosi nastrini di seta che si trovavano ai lati dell’imboccatura.

Ovviamente i moralisti in genere iniziarono a tuonare contro l’uso del preservativo: dicevano che avrebbe deteriorato la razza umana incoraggiando l’adulterio e la prostituzione.

Ma il ‘700, Secolo Illuminato, fece spallucce e rispose ai lai con l’uso massiccio del condom (o “redingote anglaise”, cappottino inglese, come lo chiamava affettuosamente Casanova), che venne per la prima volta  pubblicizzato come contraccettivo.

Nel 1843 avvenne una rivoluzione nel campo: Charles Goodyear, inventore nel 1839 dei pneumatici, inventò pure la vulcanizzazione riuscendo ad elasticizzare la gomma naturale e producendo così i primi profilattici capaci di tendersi senza lacerarsi.

Nel 1930 la gomma venne sostituita dal lattice; negli anni ’40 i preservativi venivano venduti e conservati in scatolette di legno, spalmati di vaselina e usati più volte.

Una curiosità: ai primi del ‘900, quando iniziarono ad essere fabbricati in massa, l’Associazione Americana per l’Igiene Sociale li combattè duramente dicendo che tutti quelli che rischiavano di beccarsi malattie del gatto a causa dei loro comportamenti scostumati, dovevano per punizione sopportarne anche le conseguenze: così imparavano, tié.

Infatti le truppe americane furono le uniche – durante la Prima Guerra Mondiale – alle quali ne fu negato l’uso; ossia i preservativi non vennero messi nel “kit farmaceutico” a disposizione di ogni soldato.
Morale, a fine guerra, più del 70% di loro soffriva di malattie veneree. 

Nella Seconda Guerra Mondiale, per evitare che contagiassero le mogli al loro ritorno, solo ai soldati dello sbarco in Normandia vennero  distribuiti dei profilattici. 
Però ufficialmente servivano a proteggere i fucili dall’acqua salata.